ARMAND

Regia: Halfdan Ullmann Tøndel
Cast: Renate Reinsve, Ellen Dorrit Petersen, Øystein Røger, Loke Nikolaisen, Thea Lambrechts Vaulen
Genere: Drammatico
Produzione: Eye Eye Pictures, ONE TWO Films
Durata: 100
Edizione: Norvegia 24

Poco prima dell’inizio delle vacanze scolastiche, i genitori di Armand e Jon vengono convocati dalla dirigenza scolastica in seguito a un “fatto” avvenuto tra di loro. Nessuno però sembra in grado di spiegare cosa sia realmente accaduto. Si è trattato di gioco innocente tra due bambini di sei anni o di qualcosa di molto più serio? Le versioni dei due compagni non coincidono, le opinioni si contrappongono e le certezze degli adulti vacillano…

Ci sono film nati per farti ridere. Altri che ti fanno piangere. Altri ancora ti fanno paura, o ti emozionano, o ti esaltano. Poi ci sono i film che ti innervosiscono. Non è per forza una cosa brutta. Non lo è se l’intento del film è quello: quello di trasmetterti un disagio, un’ansia, una situazione di disagio psicologico e di stress. Armand è uno di questi film. Un film che tramite storia, messa in scena e interpretazioni mira a metterti nelle teste – inevitabilmente incasinate – dei personaggi che racconta, e a farti vivere tutto il loro disagio. La loro rabbia, il loro rancore, il loro smarrimento. Quella di Elisabeth, attrice flamboyant e anticonformista, e peperina, che è la madre del piccolo Armand, accusato di qualcosa di più o meno terribile fatto ai danni di un compagno di scuola coetaneo che è perfino suo cugino; quello dei due genitori, non sempre allineati, della presunta vittima; degli insegnanti della scuola che devono gestire la situazione senza dare troppo scandalo.

Halfdan Ullmann Tøndel, esordiente regista norvegese che con questo film ha vinto la Camera d’or a Cannes, è d’altronde nipote di un certo Ingmar Bergman, e della sua musa norvegese Liv Ullman: la genetica conta.
Se nel canovaccio, nel duello psicologico che si disputa tra i personaggi, c’è qualcosa di bergmaniano, nella forma Ullmann Tøndel sembra guardare a modelli decisamente più contemporanei. In quel suo fare degli ambienti della storia, degli angoli e del montaggio, uno spazio psichico più che fisico, e addirittura in certi casi onirico, in tutti i casi specchio degli stati d’animo dei protagonisti.